Libreria Storica
TEMPLARI: STORIA E ATTUALITA’
di Franco CUOMO
1°Templar Day – 05.10.03 Sabbioneta (MN)
1°Templar Day – 05.10.03 Sabbioneta (MN)
Attualità: potrei liquidare questo punto dicendovi che il Tempio non è
un luogo, non è tempo, non è storia. Il Tempio è uno stato mentale,
una condizione dell’anima, una situazione esistenziale. Ma poiché
intendiamo far anche la storia dei Templari, di questa cupa e
meravigliosa tragedia medievale, sarò più specifico.
La domanda che mi sono sentito più rivolgere in questi ultimi
anni, all’uscita di ogni mio libro è: perché il Medioevo oggi? Che
senso ha parlare di antichi imperatori, più simili ai perduti re delle
favole che a governanti credibili? Che senso addentrarsi nei
misteri della cavalleria? Che senso riesumare fatti così lontani
dalla nostra sensibilità, dalla nostra realtà odierna, come il
processo dei Templari?
Paradossalmente, io che scrivo di Medio Evo anche quando
ambiento le mie storie ai nostri giorni (perché io scrivo di oggi, di me,
dell’uomo contemporaneo, non del passato) in tutta sincerità
rispondo: Per attualità.
Perché nulla è più vicino alla nostra realtà - e alla nostra
sensibilità odierna - dello spirito medievale, di certi comportamenti e
dei fatti che caratterizzarono l’evolversi della società occidentale
dall’originaria barbarie alla modernità.
L’Europa moderna è nata a Maastricht. Ma non per il trattato del
1991. E’ nata a Maastricht perché ad Heristal, nella terra di
Maastricht, è nato nel 742 l’uomo che inventò l’Europa, cioè
Carlomagno:
- il primo a imporre la moneta unica in Europa;
- il primo (sull’esempio di suo nonno Carlo Martello) a mettere in
campo un esercito europeo, elaborando un sistema di coscrizione
annuale che consentiva di far confluire all’appuntamento di primavera
(quando iniziavano le guerre) truppe da ogni contea d’Europa;
- il primo a formulare le riforme più avanzate, indispensabili per
trasformare una società arcaica in un agile stato moderno:
• giustizia popolare (affiancare ai conti palatini nei tribunali gli
scabini, giudici venuti dal popolo);
• scuola (alfabetizzazione e far di conto, invenzione dell’alfabeto
carolingio in sostituzione di quello merovingio, molto più complesso);
• famiglia (conservazione del matrimonio civile: la fridelehe degli
antichi Franchi, cioè “patto d’amore”);
• ecologia (il capitolare de villis, con l’imposizione ai titolari delle
grandi aziende agricole di coltivare novanta piante che rischiavano di
scomparire).
Per non parlare della moderna visione del mondo espressa qualche
secolo più avanti da Federico II nell’utopia di una civiltà nella quale
potessero convivere le più diverse razze, religioni, filosofie – o per essere
ancora più attuali, l’intuizione di poter comporre in maniera incruenta
l’irriducibile antagonismo tra la società islamica e quella cristiana.
Ma veniamo poi alla più vistosa (spettacolare) espressione della
realtà medievale – che è quella che in questa sede specificamente ci
interessa: l’istituzione cavalleresca. Che genere di attualità possiamo
riconoscere in essa?
E’ una domanda per rispondere alla quale si deve comprendere come
e perché, prima di essere una istituzione, l’ordine cavalleresco fu
un’idea – per accedere alla quale era necessaria una complessa
iniziazione, attraverso cui impegnarsi a fare osservare le leggi e i valori
sui quali si fondava.
Leggi e valori niente affatto trascendentali ma concreti, attuali,
civili: solidarietà, difesa dei deboli, protezione degli orfani e delle
vedove, delle fanciulle indifese, fedeltà alla parola data, lealtà
verso il proprio stesso nemico, pietà per l’avversario battuto sul
campo – tutte cose che nessuna rivoluzione, nessuna evoluzione,
nessun trauma della storia, ha mai privato del loro effettivo significato.
Cose mai desuete – disattese sì, spesso, ma mai negate dalla
coscienza civile dei popoli. (Quale leader, anche il più indegno e
corrotto, il più disattento al bene del suo popolo, direbbe mai togliamo
la sanità agli ammalati, la pensione ai vecchietti, la solidarietà e il
sostegno ai poveri? Nessuno, anche se in sostanza lo pensa, anche se
in sostanza studia artifici per poterlo fare in un’ottica – come si dice
oggi – di welfare più avanzato…)
Prima di affrontare la questione specifica dei Templari, ci aiuta a
comprendere quest’attualità del fenomeno cavalleresco (e delle sue
origini, delle sue ragioni, delle sue finalità) la trattazione di Ramon
Lull, fondatore della letteratura catalana, soprannominato dalla società
colta medievale Doctor Illuminatus per la vastità dei suoi interessi, che
spaziavano dalla teologia alla magia naturale, alle scienze, all’alchimia
e naturalmente alla scrittura.
Dimostra Ramon Lull nel suo trattato allegorico sulla cavalleria
(Libro della Cavalleria, 1275 circa) come la leggenda cavalleresca non
sia in realtà molto lontana dalla storia:
Vi fu in tempi remoti un’età oscura, scrive Lull, nel corso della
quale “scomparvero dal mondo la lealtà, la solidarietà, la verità, la
giustizia”; e “dilagarono slealtà, inimicizia, ingiuria e falsità,
provocando errore e sconcerto nel popolo di Dio”.
Fu necessario allora restaurare l’ordine perduto “attraverso il
timore”, scrive Lull. E per farlo Dio ricorse a una selezione severa:
“Tutto il suo popolo fu diviso per migliaia, e da ogni mille ne fu scelto
uno che si distinguesse dagli altri per gentilezza d’animo, lealtà,
saggezza, forza”.
A quest’uomo, capace di prevalere su tutti per nobiltà e pietà,
coraggio, tenacia e devozione, fu dato per compagno il più nobile,
coraggioso e devoto degli animali – il più adatto a servirlo, cioè il
cavallo. “E per questo”, spiega Lull, “fu detto cavaliere”.
un luogo, non è tempo, non è storia. Il Tempio è uno stato mentale,
una condizione dell’anima, una situazione esistenziale. Ma poiché
intendiamo far anche la storia dei Templari, di questa cupa e
meravigliosa tragedia medievale, sarò più specifico.
La domanda che mi sono sentito più rivolgere in questi ultimi
anni, all’uscita di ogni mio libro è: perché il Medioevo oggi? Che
senso ha parlare di antichi imperatori, più simili ai perduti re delle
favole che a governanti credibili? Che senso addentrarsi nei
misteri della cavalleria? Che senso riesumare fatti così lontani
dalla nostra sensibilità, dalla nostra realtà odierna, come il
processo dei Templari?
Paradossalmente, io che scrivo di Medio Evo anche quando
ambiento le mie storie ai nostri giorni (perché io scrivo di oggi, di me,
dell’uomo contemporaneo, non del passato) in tutta sincerità
rispondo: Per attualità.
Perché nulla è più vicino alla nostra realtà - e alla nostra
sensibilità odierna - dello spirito medievale, di certi comportamenti e
dei fatti che caratterizzarono l’evolversi della società occidentale
dall’originaria barbarie alla modernità.
L’Europa moderna è nata a Maastricht. Ma non per il trattato del
1991. E’ nata a Maastricht perché ad Heristal, nella terra di
Maastricht, è nato nel 742 l’uomo che inventò l’Europa, cioè
Carlomagno:
- il primo a imporre la moneta unica in Europa;
- il primo (sull’esempio di suo nonno Carlo Martello) a mettere in
campo un esercito europeo, elaborando un sistema di coscrizione
annuale che consentiva di far confluire all’appuntamento di primavera
(quando iniziavano le guerre) truppe da ogni contea d’Europa;
- il primo a formulare le riforme più avanzate, indispensabili per
trasformare una società arcaica in un agile stato moderno:
• giustizia popolare (affiancare ai conti palatini nei tribunali gli
scabini, giudici venuti dal popolo);
• scuola (alfabetizzazione e far di conto, invenzione dell’alfabeto
carolingio in sostituzione di quello merovingio, molto più complesso);
• famiglia (conservazione del matrimonio civile: la fridelehe degli
antichi Franchi, cioè “patto d’amore”);
• ecologia (il capitolare de villis, con l’imposizione ai titolari delle
grandi aziende agricole di coltivare novanta piante che rischiavano di
scomparire).
Per non parlare della moderna visione del mondo espressa qualche
secolo più avanti da Federico II nell’utopia di una civiltà nella quale
potessero convivere le più diverse razze, religioni, filosofie – o per essere
ancora più attuali, l’intuizione di poter comporre in maniera incruenta
l’irriducibile antagonismo tra la società islamica e quella cristiana.
Ma veniamo poi alla più vistosa (spettacolare) espressione della
realtà medievale – che è quella che in questa sede specificamente ci
interessa: l’istituzione cavalleresca. Che genere di attualità possiamo
riconoscere in essa?
E’ una domanda per rispondere alla quale si deve comprendere come
e perché, prima di essere una istituzione, l’ordine cavalleresco fu
un’idea – per accedere alla quale era necessaria una complessa
iniziazione, attraverso cui impegnarsi a fare osservare le leggi e i valori
sui quali si fondava.
Leggi e valori niente affatto trascendentali ma concreti, attuali,
civili: solidarietà, difesa dei deboli, protezione degli orfani e delle
vedove, delle fanciulle indifese, fedeltà alla parola data, lealtà
verso il proprio stesso nemico, pietà per l’avversario battuto sul
campo – tutte cose che nessuna rivoluzione, nessuna evoluzione,
nessun trauma della storia, ha mai privato del loro effettivo significato.
Cose mai desuete – disattese sì, spesso, ma mai negate dalla
coscienza civile dei popoli. (Quale leader, anche il più indegno e
corrotto, il più disattento al bene del suo popolo, direbbe mai togliamo
la sanità agli ammalati, la pensione ai vecchietti, la solidarietà e il
sostegno ai poveri? Nessuno, anche se in sostanza lo pensa, anche se
in sostanza studia artifici per poterlo fare in un’ottica – come si dice
oggi – di welfare più avanzato…)
Prima di affrontare la questione specifica dei Templari, ci aiuta a
comprendere quest’attualità del fenomeno cavalleresco (e delle sue
origini, delle sue ragioni, delle sue finalità) la trattazione di Ramon
Lull, fondatore della letteratura catalana, soprannominato dalla società
colta medievale Doctor Illuminatus per la vastità dei suoi interessi, che
spaziavano dalla teologia alla magia naturale, alle scienze, all’alchimia
e naturalmente alla scrittura.
Dimostra Ramon Lull nel suo trattato allegorico sulla cavalleria
(Libro della Cavalleria, 1275 circa) come la leggenda cavalleresca non
sia in realtà molto lontana dalla storia:
Vi fu in tempi remoti un’età oscura, scrive Lull, nel corso della
quale “scomparvero dal mondo la lealtà, la solidarietà, la verità, la
giustizia”; e “dilagarono slealtà, inimicizia, ingiuria e falsità,
provocando errore e sconcerto nel popolo di Dio”.
Fu necessario allora restaurare l’ordine perduto “attraverso il
timore”, scrive Lull. E per farlo Dio ricorse a una selezione severa:
“Tutto il suo popolo fu diviso per migliaia, e da ogni mille ne fu scelto
uno che si distinguesse dagli altri per gentilezza d’animo, lealtà,
saggezza, forza”.
A quest’uomo, capace di prevalere su tutti per nobiltà e pietà,
coraggio, tenacia e devozione, fu dato per compagno il più nobile,
coraggioso e devoto degli animali – il più adatto a servirlo, cioè il
cavallo. “E per questo”, spiega Lull, “fu detto cavaliere”.